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lunedì 8 ottobre 2018

oggi che mi van di traverso le parole...





Le parole volano, gli scritti rimangono.

Questo da quando Caio (Tito) non un Tizio qualunque in Senato (quello Romano), invitava alla prudenza nello scrivere e rivendicava in un certo senso il "per sempre", del non parlato. 

E facciamoci due risate, per non aver (ancora) capito un cazzo.

Giocando, mi immagino il buon Caio, connesso a milioni di Tizi, in un anno del poi, dove tutto si scrive, e nulla si dice più.

O meglio oggi, adesso, e subito.

E facciamo a chi la pensa, e a dio piacendo, la scrive meglio?
Manco per niente, per far questo si scomodano le grandi menti, l'hanno detto meglio di noi, perché mai sforzarsi?

Qualcosa sulla non violenza ce l'abbiamo?
Gandhi, come vi pare?

91300 risultati in 0,47 secondi, immagini comprese.
 

Ho il sospetto che se Wikipedia chiudesse i battenti, saremmo fottuti, tutti, io in primis, che porto la bandiera del porcatroia se scrivi pensa e rischia mettendoci del tuo, perché la tua forza o la debolezza di ciò che sei, non finisce con il punto alla fine della frase punto

Sono una rompi coglioni, nata e pasciuta dai miei insegnanti, che tagliavano con le forbici i miei temi e mi insegnavano fare i collage del mio pensare.
In un tema sulla bellezza, ho citato parola per parola un critico d'arte, risultato un quattro.
Secondo l'insegnante avevo copiato.
Aveva ragione, e me lo ha dimostrato quando io, per difendere le mie ragioni ho recitato (a memoria, e beata sia la gioventù) dieci pagine di un libro folle, dal mio palcoscenico immaturo, fino allo sfinimento, virgole, punti e a capo compresi, lei mi ha lasciato finire, e poi mi ha detto, "ok, bene, ma cosa c'è di tuo?"

Ecco qui, eccolo qui!

Questo ricordo è tornato prepotente e comico questa mattina, e torna spesso.

Torna, quando mi incarognisco per una parola usata a mio parere male, torna quando non mi regalo il tempo di pensare, e quando ho bisogno di incazzarmi, e vi giuro che ci metto tre secondi quando leggo alcune cose.
E ne sono ben cosciente, e niente non ce la faccio, non taccio e scrivo.

Perché diavolo, faccio fatica a scrivere, ne faccio davvero tanta, in ragione del fatto che chi scrive, ha delle responsabilità sempre, io me le assumo anche quando chi mi legge, trova degli errori e me li fa notare, e spesso purtroppo, si ferma lì. 
Gli errori, ci sono e sono tanti, spesso dettati dal divertimento di inseguire una cosa, che non so dove mi porterà, corro, inciampo e non smetto di inseguire la curiosità del non sapere come andrà a finire.
All'arrivo, ho il fiato corto, e sono stanca, scrivere stanca!
Quando scrivo, sono nuda, a volte mi piaccio a volte mi faccio paura, spegnere la luce consola la mia timidezza, la luce accesa non mi da scampo.
La penombra invece non lascia dubbi, la vecchia e trita storia del vedo e non vedo, quando si scrive non vale!

Quello che non vedo mi tradisce, quello che vedo, non è ciò che è, quello che sento sono io.

Tanto vale, fare i conti con i propri difetti, e mettere il sentire nero su bianco per non dimenticarlo.

Sia luce, e vada come deve!

Le imperfezioni sono quelle del tempo in cui vivo, la perfezione la lascio a chi si vuole illudere.

Perché cazzo, io devo fare i conti con me, e con il bel mondo in cui voglio vivere.

E' faticoso, dico davvero!

Sarebbe più facile dire due parole e finirla lì, o meglio ancora, lasciar scorrere e tacere.
E magari, raccontarla, a distanza di tempo con le convenienze delle circostanze!

Ma ho una brutta notizia, io così, non funziono! 

Quindi abbiatemi in gloria, portate pazienza, sono strafalcionata di mio, è l'unico modo che conosco per non prendermi troppo seriamente e restare immortale finché vivrò!

Questi sono i miei cinquantacinque minuti, oggi.













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