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lunedì 26 gennaio 2015

Foyer, questo (s)conosciuto.

 
Con Anna Scommegna, Regia di Serena Senigaglia, scritto da Piero Colaprico.



Sono stata al Binario 7.
No, non ho preso un treno, sono stata a Teatro.

A Teatro non ci vado mai.

Quasi mai.
L'ultima volta fu Milano, nel 1990, 25 anni fa, 15 anni io.
La prima anni luce fa, tanto che i miei si stupirono nel vedermi sveglia a fine spettacolo.

Insomma io a Teatro non ci vado mai.

Ci sono andata ieri sera.

Munita di biglietto, caramelle, acqua, un po' di buonsenso, e una mano da stringere.

Preoccupata che il rumore della carta delle caramelle potesse disturbare.

Ecco, non sono preparata per andare a teatro, non conosco il "galateo da teatro", ammesso esista.

E sono certa che esiste.

Non mi sono vestita di viola, seppur convinta che la Pasqua non sia ancora finita. 

E che si fa?

A teatro, non c'è la pubblicità che preannuncia il buio e l'inizio dello spettacolo.
A teatro c'è lo spettacolo punto.

C'è la tensione del buona la prima, deve essere buona la prima.
Non c'è il tasto rewind.

C'è tensione?

Lo spettacolo "qui città di m." scritto da Colaprico inizia e finisce con Arianna (Scommegna), da sola sul palco.

Per un'ora e mezza.

E già questo mi sembra incredibile.
A me, che,a teatro non ci vado mai.

Per una come me che, ancora è capace di spegnere gli interruttori della ragione eppur riesce a ragionare lo stesso,  tutto scorre facile facile, conosco il testo da cui questo spettacolo è nato e ho sbirciato chi, nei foyer ripassava compulsiva-mente. 

Ho goduto per un'ora e mezza, e mi sono scoperta dotata di una mimica facciale che non sapevo di avere.
Oh no, mica merito mio, è che fluivano così i personaggi, fluivano sulla mia faccia, riflesso di uno scambio intimo, tra me e Arianna, tra Arianna e il resto del pubblico, tra Arianna e Arianna.

Non serve il tasto rewind!
Non serve chiedere permesso!
Serve solo accompagnare la spinta.

Perché questo fa la voce nuda di Arianna.
Fa riaffiorare sulla tua faccia le vite di gente che non conosci, non esiste, eppure vive per un istante in te.
Ti fa male agli occhi quando c'è troppa luce e tu sai di essere sotto un cielo di coltelli, che riflettono il medioevo contemporaneo, che non perdona nemmeno la compassione umana.

Eppure c'è!

La compassione intendo.

In una madre che si lascia uccidere da suo figlio, in un padre che uccide se stesso due volte.

"abbiamo finito di soffrire, Scusateci."

E quello che dovremmo poter dire tutti rimanendo vivi, in una "città qualunque" di cui abbiamo smesso di vedere i sorrisi.

Scusatemi, perché di Teatro non so scrivere. 
 
A Teatro non ci andavo mai! 



foto da "Il fool" Numero 1 Gennaio 2015




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