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giovedì 23 aprile 2015

Beata Ludovica!

Bernini - Ludovica Albertoni, Beata-



Io, i pellegrini, li ho sempre visti, vestiti a modino, come da indicazioni del prevosto (no pantaloncini, no canottiere, no gonne corte, no scollature), con lo sguardo rivolto al cielo, o poco più giù.
Oppure con le mani giunte e la fronte appoggiata sull'incrocio delle dita, un po come il pensatore di Rodin, ma con un espressione più mortificata e triste.
Spesso in ginocchio, a volte accartocciati su se stessi, pregano, piangono, pregano e piangono insieme, forse sperano, toccano quasi sempre. 
Ci sono sculture di santi consumate dalla fede, dalla scaramanzia e dalla speranza.

I pellegrini, snocciolano rosari, partecipano a sessioni interminabili di Ave Maria, e sul finire della litania il Santa Maria, ha un ritmo piuttosto deciso e maiuscolo, SAantaMaria, credo sia un risveglio improvviso dalla noia, spinta verso l'addormentamento coercitivo.

Si portano dietro borse tristi e pesanti, con il kit della salvezza, non eterna ma giornaliera, panino, acqua, rosario, foularino, e tanto spazio per i santi souvenir da portare ad amici e parenti.

I pellegrini insomma, non sono mai rilassati e sorridenti. Fanno code interminabili, corrono per guadagnarsi la pole position in prima fila, e una volta giunti, c'è sempre qualcuno di guardia alla tomba, reliquia di turno, pronto a dire SSSSssssst, avanti, non fermatevi.
Insomma un percorso vita, per vincere l'eternità, o se va male qualche indulgenza. All'arrivo nessuno ti offre un tè caldo.

Io però una pellegrina felice e sorridente la conosco, beh non direttamente ma vorrei, vorrei tanto.

Come noto,in questi giorni a Torino è esposta la reliquia delle reliquie, il top del top della Cristianità, la Sacra Sindone.
Per vederla, si prenota, e si accede tramite varchi vigilati, dove le forze dell'ordine controllano ai raggi x le borse tristi e pesanti.
Il nastro scorre, il video mostra panino, rosario, acqua, vangelo, foularino, monetine per le candele, guida turistica, macchina fotografica, thermos, panino, acqua, rosario, manganello, monetine per le cand.... un attimo, UN MANGANELLO?!?! FORSE TELESCOPICO?!?!?!
Dimensioni tubolari, a base larga.

Premuto il bottone rosso, il nastro viene fermato da un agente.

FERMI TUTTI!

La pellegrina, viene invitata dall'agente ad aprire la borsa, sono momenti in cui l'attenzione si accende, ci si prepara, si allertano i sensi e ci si inquieta un po.

Lei (la mia Ludovica), apre la borsa, e come chiesto dall'agente consegna il manganello, che manganello non è.

E' un vibratore, semplicemente un vibratore.

Un vibratore nel Duomo di Torino, davanti al Sacro telo, portato da una fedele.

Tra imbarazzi e sospiri (di sollievo) tutto si risolve con un po di rossore.

L'accompagnatore deve aver insistito parecchio, raccomandando di selezionare la modalità silenziosa e la vibrazione, per rispetto verso i fedeli e per concentrarsi nel raccoglimento.

Ok, lei era beatamente distratta, e non ha capito.



Embeh?!?!?

Ognuno raggiunge l'estasi come meglio gli pare.
In fondo ognuno ha i suoi canoni, a volte non "canonici", a volte si e, in assenza di Padre Ralph, ognuna si arrangia come può!








mercoledì 15 aprile 2015

Bestie da macello





http://www.repubblica.it/cronaca/2015/04/14/foto/g8_il_poliziotto_della_diaz_su_fb_lo_rifarei_mille_volte_-111951802/1/#1




Quattordici anni fa, incollata davanti alla televisione, ho seguito il reality di Genova.

Con i tagli previsti dai direttori di redazione, a Genova c'era la guerra, e tutti gli Italiani, la stavano perdendo. 

Quando ci fu la prima, (e unica) vittima, il reality, non spense le telecamere, anzi fece inquadrature sempre più strette, e nei giorni a seguire, fu detto tutto e il contrario di tutto.

Placanica, era nel posto sbagliato, era troppo giovane e inesperto, fu lasciato solo e ebbe paura, e sparo'.

Giuliani, con un gesto aggressivo si cercò una punizione esemplare.

Ancora, Placanica ha ucciso un innocente.
Giuliani ha combattuto per il diritto di esprimere le sue opinioni.

Vittima e carnefice, per giorni si sono invertiti i ruoli, come in una roulette russa, il grilletto è stato premuto, tra di loro a turno.

Come succede per tutto, tutti si sono schierati, divisi tra innocentisti e colpevolisti, fascisti e comunisti.
Fini e D'Alema si sono detti le peggio cose.

Chi ci protegge, ci uccide.

E così non va, non deve andare.

Ho sprecato mille parole a vuoto, me la sono presa ferocemente, con chi una divisa la indossava con orgoglio. Ero ferita, e incazzata.

Ho passato giorni a far l'avvocato del diavolo, io contro un plotone schierato e più incazzato di me.

Perché in fondo, poi, il plotone, tutti i giorni si sentiva dire le di tutto, e quella divisa, cominciava a pesare, a loro, che ricevevano insulti, e a me, che quella divisa l'avevo sotto il naso, ogni sera.

Mi è stato detto che non riuscivo a capire, a mettermi nei loro panni, ho risposto che non potevo capire, e soprattutto non volevo capire, perché niente era comprensibile.

Ed era (e ancora è) maledettamente vero, perché io una categoria non l'ho mai rappresentata, e nessuno mi ha mai sputato addosso, in nome di una giustizia popolare.

Sono stati giorni difficili e poi mi sono arresa, ho smesso di parlare, sfinita.

Ho smesso anche di avere fiducia, e da allora ho paura, e ho imparato a difendermi da chi mi dovrebbe difendere.


E sono passati quindici anni.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, a 15 anni di distanza, mette per la prima volta nero su bianco in un atto giudiziario quel che decine di testimoni hanno visto e raccontato.   - La «macelleria messicana» compiuta dalla Polizia nella scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001 «deve essere qualificata come tortura»: l’Italia va dunque condannata doppiamente, per il massacro dei manifestanti e per non avere ancora una legge adeguata a punire quel reato.

 Ed arriviamo ad oggi.


La risposta di Tortosa:

"Mi auguro, che Carlo Giuliani, sotto terra faccia schifo anche ai vermi" e poi «Io sono uno degli 80 del VII Nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte», la firma sul profilo social è di Fabio Tortosa che dice di essere stato in servizio come poliziotto la sera dell’irruzione alla caserma Diaz  "Eravamo torturatori con le palle".

L'orrore non sta nella dichiarazione di un singolo esaltato, l'orrore sono i centoottantasei commenti di solidarietà che sono seguiti finché il profilo non è stato chiuso.

La cosa ancor più grave è che Tortosa ci ha ripensato (o più probabilmente qualcuno l'ha costretto a farlo) rilasciando una dichiarazione tramite il sindacato di polizia (di cui fa parte):
"rimarrà una pagina nera per questo Paese ma chi c’era sa che è venuta fuori solo una parte della verità. Crediamo che questa voglia di verità debba albergare anche nelle alte sfere, non solo in me, nei miei colleghi che erano con me e nelle vittime, alle quali -conclude- va tutta la mia solidarietà»


Questo è un torturatore con le palle, palle, che durano il tempo di un cazziatone da parte di un suo superiore (le cui palle sono comunque e sempre più grandi delle sue), poi uscirà dalla caserma, e se la prenderà con uno a caso, per sfogare la sua rabbia repressa.

Umanamente comprensibile?

No, perché se ti senti Rambo, le tue ferite te le devi cucire da solo, mille volte, caro Fabio.

Se sei un super eroe comprati una tutina più aderente e indossa una conchiglia, per mostrare le tue palle come pensi ti convenga.

Non togliete la tutina, perché la conchiglia è come il push up, un illusione, che dura finché non si spegne la luce.

E quando resti al buio, i conti li devi fare solo con te stesso, non come alla Diaz, se ti sei dimenticato di disarmare l'anima, stai pronto a prenderti le randellate in mezzo ai denti da quella parte di te stesso che, da sempre è nemica della tutina che porti!

Questa è l'unica cosa speranza su cui posso contare, per non sentirmi una bestia da macello.


Questa è l'unica alternativa che rimane ai tuoi colleghi per non avere la faccia umida della bava dei cittadini.


Esiste il vilipendio delle forze armate dello Stato , che  è punito «con la multa da euro 1.000 a euro 5.000».


E gli Italiani, Fabio, i soldi li trovano sempre, in un modo o nell'altro, per togliersi qualche sfizio.







 








venerdì 3 aprile 2015

Perle ai porci






Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha visitato il campo rom di via della Chiesa rossa, nella periferia Sud di Milano. Il segretario della lega ha notato un grosso maiale, di colore scuro, che grufolava in un prato davanti a un capannone. Divertito, ha chiesto al compagno di partito Alessandro Morelli di scattargli una foto con l’iPad. Il maiale, però, non ha gradito le «attenzioni» del segretario leghista e gli si è girato contro. _ Mario Piscopo, L'Huffington Post_




Metteo, vedi cosa succede a non avere l'asta per i selfie, devi chiedere al compagno di partito (compagno ?!?) di scattarti una foto, succede che poi ti tocca correre veloce, perché la maiala di turno pare non aver gradito, o forse ha gradito fin troppo, dev'essere stato il ricordo  della cravattina verde su cotica nuda, che l'ha fatta impazzire, come darle torto!


Io mi rendo conto che per un Milanese puro e duro, vedere un maiale non è cosa di tutti i giorni, pero' Matteo, non sei al Parco delle Cornelle, e non è la gita di Pasquetta.

"Se ci fosse un sindaco leghista i campi rom sarebbero chiusi in sei mesi con le buone maniere".



Le buone maniere non si intonano con le tue felpone, e non solo con quelle, purtroppo!


Hai notato che tutte le baracche sono "esentate dal pagare l'IMU", cosa a cui Aldo ha risposto " è tutto regolare, l'IMU non deve essere versata perché si tratta di una casa mobile. Però se vuole possiamo fare cambio di appartamento...".
Hai ribattuto pronto: "Se lei si accontenta di un bilocale..."


Ti mancava di dire "perle ai porci", ma tranquillo  il porco, ti ha riconosciuto perla , sempre che tu sia capace di leggerci l'espressione metaforica.


Io sto con Peppa Pig!



giovedì 2 aprile 2015

Avere quattro anni (in Siria)

Com'è avere quattro anni, davanti a una macchina fotografica?

Divertentissimo!

Difficilissimo è, stare dietro alla macchina e non avere quattro anni!

Fotografare i bambini, è un'impresa titanica, non stanno mai fermi, ridono scomposti, nascondono la faccia o nella migliore delle ipotesi tirano fuori tutto un campionario di espressioni buffe, e tu, che stai dall'altra parte, cerchi in tutti i modi possibili di convincerli a dire "cheese", impostando l'otturatore e le velocità in modo che il click sia il più veloce possibile.

Seguiranno un migliaio di foto mosse da buttare, le foto immobili di famiglia, magari a Natale, con i nonni e i parenti tutti. 

Li fotografi davanti alla torta di compleanno, prima che ci affondino le mani e la faccia dentro, li vuoi immortalare quando combinano un disastro che ti fa ridere dentro e ti fa incazzare fuori, o mentre sono al mare, presi da mille giochi, e pieni di chili di crema e sabbia.

Li fotografi mentre si arrendono alla fata dei sogni , finalmente immobili, e puoi prenderti tutto il tempo per aspettare la luce migliore, perché quella che ami, è chiusa dietro la serranda delle loro palpebre sognanti(foto ferma, tempi lunghi e otturatore spalancato).

Vuoi un ricordo e spari.

Perché sai che mai più torneranno, i quattro anni dei tuoi figli.

Se sei uno bravo, stampi e scrivi dietro la foto, Matilde 4 anni, Rimini.

Poi avranno i cinque, verranno i sei e mentre tu ti impegni a far di lei/lui un ragazzo decente e indipendente, lei/lui ne avrà diciotto, farà l'università e tu preparerai la macchina fotografica per fermare un altro successo.

Poi si sposerà, tu sarai troppo emozionato, e ci sarà un fotografo a scattare per te.


Poi avrà un figlio tutto suo, e sarà lui a voler ricominciare la giostra delle immagini.
E si ricomincerà daccapo, e nella foto di Natale ci sarai tu, nel ruolo di nonno/a.




In Siria avere quattro anni davanti a una macchina fotografica,  è così:

Hudea 4 anni, Siria

E' una foto che ha fatto il consueto giro social, è vecchia di un anno, ce ne abbiamo messo di tempo per accorgerci che avere 4 anni può non essere divertente!

Il fotografo è Osman Sagirli, la piccola di quattro anni è Hudea.

Non riconosce quella strana cosa nelle mani del fotografo, il teleobiettivo assomiglia maledettamente a un arma, che fa pum pum pum per tre volte, solo che lei sentirà solo il primo pum e poi più nulla.
Forse la sua mamma le ha insegnato ad alzare le mani, o forse l'ha visto fare talmente tante volte, che ripete il gesto come fosse un'abitudine consolidata, lavarsi le mani, mettere la mano davanti alla bocca se sbadigli, alzare le mani se stanno per ucciderti.

Imparata la lezione, alza le mani e si arrende, imbronciata.

Sta per morire, come altri prima e dopo di lei.

Il campo profughi siriano di Atmeh, non l'ha protetta, la sua mamma e i fratelli l'hanno lasciata sola.

Questa volta non andrà così, ma lei non lo sa.

Che è successo dopo lo scatto?

Osman, si rende conto di aver fatto una cazzata? 

Lui "ritrae i bambini con l'intendo di vedere la sofferenza attraverso i loro occhi, molto più eloquenti di quelli adulti" dice.

Beh in un campo profughi, in Siria, c'è poco da ridere, gli adulti lo sanno, i bambini lo imparano.

Invece a noi, che i profughi li prenderemmo volentieri a calci in culo, serve una foto di una bimba di quattro anni, per insegnarci la pietà.

Durerà cinque minuti, il tempo di un condividi o di un like per mettere insieme quattro parole di orrore, comprensione, ingiustizia e cattive abitudini a procreare.


Ho commesso l'errore di guardare dritto negli occhi Hudea, non dimenticandomi di guardare la sua bocca imbronciata.

Se sopravviverà, prima o poi rivedo' la sua faccia e sarò' io a dover alzare le mani in segno di arresa, ma non sono sicura che riuscirò' a guardare i suoi occhi.

Vorrei che Hudea diventasse una fotografa di sorrisi, e non una foto esposta con l'intento di ricordarci che dovremmo essere, Esseri Umani!
Lei a quattro anni lo sa, io cerco ancora di impararlo tutti i giorni.