giovedì 17 settembre 2015
martedì 15 settembre 2015
Suonami sono tuo
Mi chiedo quanti uomini abbiano mai avuto la grazia di pronunciare la seguente
frase "suonami sono tuo" senza inciampare nel piu' basico doppio senso, insomma senza indicare il loro uccello.
Uno!
Luke Jerram
Un uomo inglese intelligentissimo, artista manco a dirlo, che non dispensa consigli sull'uso, ne tanto meno egocentrici orgasmi.
Distribuisce semplicemente pianoforti.
L'installazione "Play me, I'm yours" è stata posizionata nelle stazioni delle piu' grandi città italiane, Venezia, Torino, Napoli, Milano e Roma.
A disposizione di chiunque, passeggeri in attesa, parenti ormai arresi ai ritardi delle ferrovie italiane, viaggiatori torturati, semplici passanti, curiosi, e magari perchè no, da qualche profugo in attesa di conoscere il suo destino.
Una suonatina non si nega a nessuno, perchè non sostituire pizza, mandolino e mafia con Pizza, pianoforte e mafia.
Dai suona meglio, è piu' elegante, raffinato e ci fa sembrar colti.
Colti, già.
Qualcuno colto (in flagrante) dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano c'è.
I vandali sono stati fermati.
Pianoforte distrutto, assicurazione intervenuta, presto il pianoforte tornerà.
Prima o poi.
Ragà vi ha detto male!
Nel vano tentativo di non voler vedere l'intenzione di tal scempio, mi illudo che qualcosa non sia stato capito, già ma cosa?
Cosa c'è da capire poi, un pianoforte con scritto "Play me, I'm yours", niente monetine da inserire, niente di niente, tutto gratis, tutto tuo.
Ti siedi e suoni, o ti accosti e ascolto, o te ne fotti e vai oltre.
Cosa non è chiaro?
Non sai l'inglese?
Utilizza google translate, che farà cagare, ma due parole semplici le traduce, e poi diamine Play, come Playstation, Play sul tasto del telecomando.
Una speranza una, che siano stati dei ragazzini, o degli adulti, io prego che, chi gli vive accanto prenda coraggio, dimentichi l'uso della parola e gli fracassi tutto cio' che ha a disposizione per ascoltare musica, e mi raccomando lo faccia cantando!
Uno!
Luke Jerram
Un uomo inglese intelligentissimo, artista manco a dirlo, che non dispensa consigli sull'uso, ne tanto meno egocentrici orgasmi.
Distribuisce semplicemente pianoforti.
L'installazione "Play me, I'm yours" è stata posizionata nelle stazioni delle piu' grandi città italiane, Venezia, Torino, Napoli, Milano e Roma.
A disposizione di chiunque, passeggeri in attesa, parenti ormai arresi ai ritardi delle ferrovie italiane, viaggiatori torturati, semplici passanti, curiosi, e magari perchè no, da qualche profugo in attesa di conoscere il suo destino.
Una suonatina non si nega a nessuno, perchè non sostituire pizza, mandolino e mafia con Pizza, pianoforte e mafia.
Dai suona meglio, è piu' elegante, raffinato e ci fa sembrar colti.
Colti, già.
Qualcuno colto (in flagrante) dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano c'è.
I vandali sono stati fermati.
Pianoforte distrutto, assicurazione intervenuta, presto il pianoforte tornerà.
Prima o poi.
Ragà vi ha detto male!
Nel vano tentativo di non voler vedere l'intenzione di tal scempio, mi illudo che qualcosa non sia stato capito, già ma cosa?
Cosa c'è da capire poi, un pianoforte con scritto "Play me, I'm yours", niente monetine da inserire, niente di niente, tutto gratis, tutto tuo.
Ti siedi e suoni, o ti accosti e ascolto, o te ne fotti e vai oltre.
Cosa non è chiaro?
Non sai l'inglese?
Utilizza google translate, che farà cagare, ma due parole semplici le traduce, e poi diamine Play, come Playstation, Play sul tasto del telecomando.
Una speranza una, che siano stati dei ragazzini, o degli adulti, io prego che, chi gli vive accanto prenda coraggio, dimentichi l'uso della parola e gli fracassi tutto cio' che ha a disposizione per ascoltare musica, e mi raccomando lo faccia cantando!
venerdì 4 settembre 2015
Il valore di un respiro
"Tu hai figli?"
"No"
"Allora tu non puoi capire!"
E allora spiegamelo tu, che sei madre.
Spiegami come fa una madre, a guardare il corpo di un bimbo solo, senza più respiro, spiegami la tua indignazione a tempo, spiegami perchè il mondo è pieno di madri e padri che fuggono cercando di mettere il salvo i loro figli e tu differenzi tra noi e loro, tra te, e Rehan, che è (stata) madre come te.
Spiegami, perchè io non posso capire?
Spiegami, come insegnerai a tuo figlio il valore di un respiro?
Gli racconterai la fatica del travaglio, quando i dolori diventavano insopportabili, con la speranza che lui ti ami anche per questo?
Gli dirai che stai lottando perchè possa essere felice, mentre tu trovi tutte le ragioni per non esserlo urlando contro i politici di turno?
Dimmi, gli farai vedere la foto di Aylan?
Gli dirai che è morto perchè nessuno ha risposto alla telefonata di soccorso?
Gli dirai che il Canada aveva rifiutato alla sua famiglia la richiesta di asilo che non prevede grembiulini e le recite di fine anno?
Gli dirai che qualcuno in America intende espandere la sua missione contro i militanti dello Stato islamico, inviando cacciabombardieri e che per questo l'orrore a Kobane non avrà mai fine?
Gli dirai che non è colpa tua? Che tu non puoi fare nulla?
Io non sono madre, ma so che la colpa è la mia, e che posso fare qualcosa.
Forse è questa la differenza tra essere madri e non esserlo.
La tua responsabilità è tutta concentrata nei muri della tua casa, la mia (che ho tempo da vendere) è sentirmi addosso responsabilità di quello che sta oltre la tua porta.
Tu ti senti adeguata, io no!
Tu hai il dovere di cambiare il mondo, io non posso altro che stare a guardare come frutterà il tuo splendido lavoro di madre.
Tu educhi chi hai messo al mondo e io ho il terrore che il futuro, che mi stai preparando, sia colmo di esseri ciechi e senza cuore, che non sanno essere esseri umani.
Tu non vuoi vedere la faccia di Aylan, perchè sei madre e puoi capire.
Io guardo la faccia di Aylan, che secondo i tuoi parametri fecondi non posso capire e secondo i miei invece, non voglio arrendermi a capire.
Il mio presidente guarda la faccia di Aylan che gli fa dire "di fronte a queste immagini, abbiamo il dovere di dire che l'Europa non può perdere la faccia"
Mentre gli stranieri ci facciano il favore di non perdere la vita!
Io Aylan lo piango, pensa fin dove può spingersi una che non può capire, piange Aylan come fosse figlio suo!
E hai ragione tu, adesso mandiamoli a casa!
Adesso! Che è non siamo più in tempo, adesso, il tuo esasperante desiderio si avvera.
Mandiamolo a casa il Papà di Alyan, con il suo bagaglio di morti.
Sono tre casse, etichettate con tre nomi, Aylan, Galip e Rehan.
Mandiamoli da dove son partiti, mandiamoli a casa.
Abbiamo il dovere di non perdere la faccia, paghiamo almeno il viaggio, e ragaliamo dei fiori, sotto una pioggia di bombe se possibile.
Bombe intelligenti, mica no, di quelle che uccidono tanto, uccidono tutti.
Così a casa, ci restano.
Così lo sfondo della prossima foto, di un bambino morto, sarà un inferno di fuoco e polvere, e non il mare dove tuo figlio, ha imparato a nuotare quest'anno, e tu hai imparato a nuotare anni fa.
Neanche tu eri madre allora, ma ora lo sei, e visto che puoi capire, tieni la faccia di tuo figlio a galla, e salvalo dal mare di merda in cui stiamo nuotando tutti.
Insegnagli il valore di un respiro.
"No"
"Allora tu non puoi capire!"
E allora spiegamelo tu, che sei madre.
Spiegami come fa una madre, a guardare il corpo di un bimbo solo, senza più respiro, spiegami la tua indignazione a tempo, spiegami perchè il mondo è pieno di madri e padri che fuggono cercando di mettere il salvo i loro figli e tu differenzi tra noi e loro, tra te, e Rehan, che è (stata) madre come te.
Spiegami, perchè io non posso capire?
Spiegami, come insegnerai a tuo figlio il valore di un respiro?
Gli racconterai la fatica del travaglio, quando i dolori diventavano insopportabili, con la speranza che lui ti ami anche per questo?
Gli dirai che stai lottando perchè possa essere felice, mentre tu trovi tutte le ragioni per non esserlo urlando contro i politici di turno?
Dimmi, gli farai vedere la foto di Aylan?
Gli dirai che è morto perchè nessuno ha risposto alla telefonata di soccorso?
Gli dirai che il Canada aveva rifiutato alla sua famiglia la richiesta di asilo che non prevede grembiulini e le recite di fine anno?
Gli dirai che qualcuno in America intende espandere la sua missione contro i militanti dello Stato islamico, inviando cacciabombardieri e che per questo l'orrore a Kobane non avrà mai fine?
Gli dirai che non è colpa tua? Che tu non puoi fare nulla?
Io non sono madre, ma so che la colpa è la mia, e che posso fare qualcosa.
Forse è questa la differenza tra essere madri e non esserlo.
La tua responsabilità è tutta concentrata nei muri della tua casa, la mia (che ho tempo da vendere) è sentirmi addosso responsabilità di quello che sta oltre la tua porta.
Tu ti senti adeguata, io no!
Tu hai il dovere di cambiare il mondo, io non posso altro che stare a guardare come frutterà il tuo splendido lavoro di madre.
Tu educhi chi hai messo al mondo e io ho il terrore che il futuro, che mi stai preparando, sia colmo di esseri ciechi e senza cuore, che non sanno essere esseri umani.
Tu non vuoi vedere la faccia di Aylan, perchè sei madre e puoi capire.
Io guardo la faccia di Aylan, che secondo i tuoi parametri fecondi non posso capire e secondo i miei invece, non voglio arrendermi a capire.
Il mio presidente guarda la faccia di Aylan che gli fa dire "di fronte a queste immagini, abbiamo il dovere di dire che l'Europa non può perdere la faccia"
Mentre gli stranieri ci facciano il favore di non perdere la vita!
Io Aylan lo piango, pensa fin dove può spingersi una che non può capire, piange Aylan come fosse figlio suo!
E hai ragione tu, adesso mandiamoli a casa!
Adesso! Che è non siamo più in tempo, adesso, il tuo esasperante desiderio si avvera.
Mandiamolo a casa il Papà di Alyan, con il suo bagaglio di morti.
Sono tre casse, etichettate con tre nomi, Aylan, Galip e Rehan.
Mandiamoli da dove son partiti, mandiamoli a casa.
Abbiamo il dovere di non perdere la faccia, paghiamo almeno il viaggio, e ragaliamo dei fiori, sotto una pioggia di bombe se possibile.
Bombe intelligenti, mica no, di quelle che uccidono tanto, uccidono tutti.
Così a casa, ci restano.
Così lo sfondo della prossima foto, di un bambino morto, sarà un inferno di fuoco e polvere, e non il mare dove tuo figlio, ha imparato a nuotare quest'anno, e tu hai imparato a nuotare anni fa.
Neanche tu eri madre allora, ma ora lo sei, e visto che puoi capire, tieni la faccia di tuo figlio a galla, e salvalo dal mare di merda in cui stiamo nuotando tutti.
Insegnagli il valore di un respiro.
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